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Nasce il Comitato Alleanza Cittadina per Campi: “Un laboratorio per il governo della città”

20 marzo 2012

Si è tenuta questa mattina, presso la Sala ex Giunta del Palazzo Comunale di Campi Bisenzio, la conferenza stampa di presentazione del Comitato Alleanza Cittadina per Campi.
Il Comitato, la cui nascita fa seguito alla costituzione da parte di Antonio Esposito, Piero Fedi e Alessandro Tesi, avvenuta lo scorso settembre, dell’omonimo gruppo consiliare, sarà il luogo – come ci dicono – dove prenderanno forma le proposte per il governo della città.
«La nascita del Comitato era stata preannunciata al momento della costituzione del Gruppo consiliare – hanno dichiarato i Consiglieri Esposito, Fedi e Tesi – con la funzione di dare vita a un vero e proprio laboratorio politico, indispensabile per disegnare un nuovo modello di governo locale. Siamo rimasti fedeli alla nostra idea di coinvolgere gente nuova, persone con esperienze diverse, alcuni dei quali non si erano mai dedicati prima d’ora alla politica: un gesto di apertura e all’insegna della partecipazione. Inoltre, non è da escludere che nei prossimi mesi si costituiscano altri comitati di Alleanza Cittadina nei Comuni limitrofi al nostro».
Alla conferenza stampa, oltre ai tre Consiglieri comunali, hanno preso parte alcuni membri del Comitato tra cui Alessandro Gensini, Pierluigi Campani, Viviana Ventisette, Gianni Bini e Stefano Sadun. Fanno inoltre parte del Comitato Simone Cerino, Mario Paoli, Edoardo Rossi e Franco Squilloni.
Il Presidente di Alleanza Cittadina, Alessandro Gensini, insieme al Portavoce del Comitato, Pier Luigi Campani, hanno sottolineato come «pur essendo attualmente in Consiglio comunale collocati all’opposizione, lavoriamo con l’obiettivo di proporci come forza di governo alle prossime elezioni amministrative», «Lo scopo del comitato è quello di costruire un progetto credibile per il futuro di Campi» hanno dichiarato gli intervenuti. «Il nostro impegno è dedicato all’elaborazione di proposte concrete, coinvolgendo la cittadinanza, perché riteniamo che questo sia l’aspetto fondamentale.»
La conferenza stampa è stata anche l’occasione per presentare il sito web www.alleanzacittadina.it. Il Comitato Alleanza Cittadina per Campi può essere contattato anche tramite email all’indirizzo info@alleanzacittadina.it

LI ROMANI IN RUSSIA un racconto di una Guerra a Millanta mila Miglia di Elia Marcelli con Simone Cristicchi

25 novembre 2011

Simone Cristicchi foto Sara Quattrini

S’inaugura venerdì 25 novembre, con replica sabato 26 novembre alle 21, la stagione del Teatro Dante di Campi Bisenzio (FI). Apre Simone Cristicchi, con Li Romani in Russia tratto da un’indimenticabile opera sulle vicende dell’esercito italiano durante la terribile Campagna di Russia – una “guerra di invasione senza pretesto” – firmata da uno dei più grandi poeti romaneschi della nostra epoca, Elia Marcelli.  Li Romani in Russia è divenuto, grazie alla sensibilità dell’apprezzato cantautore romano Simone Cristicchi e di Alessandro Benvenuti che lo ha diretto, uno spettacolo di teatro civile che si presenta nuovo soprattutto per la forma del testo, che utilizza la metrica dell’ottava classica e il dialetto romanesco rendendo la narrazione ancora più schietta e veritiera.. Il risultato è un affresco epico che non omette particolari crudi e rimossi dalla storia ufficiale, quale per esempio il luogo comune degli italiani “brava gente”, e che diviene quanto mai attuale in un’epoca di bombe intelligenti e guerre umanitarie, tornando con tutta la sua forza a stupire, commuovere e segnare le coscienze, nel nome di centinaia di migliaia di vite sacrificate all’odio e al delirio di potere.
Simone Cristicchi, attore naturale e credibile, interpreta una nutrita galleria di grotteschi personaggi, raccontando con passione e coinvolgimento questa tragica epopea, in un monologo corale in cui trovano spazio anche momenti ironici e divertenti. Il disegno luci elegante ed evocativo, e la regia impeccabile di Alessandro Benvenuti, rendono questo spettacolo unico nel suo genere: emozionante, divertente, drammatico. Li romani in Russia è un poema, racconto, ricordo, denuncia: testimonianza unica e partecipata, di uno dei momenti più drammatici del Novecento, resa in prima persona da uno dei suoi protagonisti. Un meraviglioso affresco epico, in ottave classiche, crudo come la tragedia che narra, forte come lo spirito di chi non si arrende, struggente come il saluto a una giovane vita che parte per non tornare mai più. Li Romani in Russia ha debuttato a Mosca nell’ambito di SOLO, la rassegna internazionale del monologo che si è tenuta al Teatro Na Strastnom. La durata è di 80′ senza intervallo. Biglietti da 24 a 9 euro.

Bettino Ricasoli, imprenditore agricolo e pioniere del Risorgimento vitivinicolo italiano si presenta oggi pomeriggio a Libri in Toscana

10 novembre 2011

Giovedì 10 Novembre 2011 alle ore 18,00 presso Libri in Toscana nella Sala Polivalente Metropoli in Via B. Buozzi, 22 a Campi Bisenzio (FI), si terrà la presentazione del volume BETTINO RICASOLI – Imprenditore agricolo e pioniere del Risorgimento vitivinicolo italiano. Interverranno Christian Satto (curatore e autore del volume) e Simone Visciola (Università di Firenze)
Il volume raccoglie i contributi presentati al convegno Bettino Ricasoli imprenditore agricolo e pioniere del Risorgimento vitivinicolo italiano, tenutosi a Siena il 18 novembre 2009. Ricasoli fu un esponente politico di primo piano del Risorgimento italiano. Come Cavour fu un imprenditore agricolo di straordinario impegno, ma anche uno statista in grado di consolidare, quale Presidente del Consiglio nel 1861-62 e 1866-67, il processo di formazione dello Stato unitario. I contributi qui raccolti permettono di approfondire i diversi campi di impegno imprenditoriale nel Chianti, in Valdarno e in Maremma, ove erano collocate le grandi fattorie e
le proprietà della famiglia Ricasoli. Il rapporto con le innovazioni scientifiche, tecnologiche e meccaniche fu per Ricasoli il tratto distintivo di una missione che era insieme economica, sociale e politica.

Un fine settimana pieno di musica alla Fnac di Campi con Jaka, Dolcenera e Simone Tomassini

18 Maggio 2011

Tre incontri con tre artisti completamente diversi in tre giorni. Il calendario degli incontri del Forum Fnac di Campi Bisenzio ospiterà a partire da giovedì generi musicali per accontentare tutti i gusti. La Fnac si trova all’interno del Centro Commerciale i Gigli di campi Bisenzio).

Giovedì 19 maggio ore 18.30 Giuseppe Giacalone in arte Jaka, uno dei veterani della scena reggae italiana, ci presenta “Forza Originaria”. Musicalmente il disco unisce tutti gli stili della musica giamaicana: dancehall, nu roots, dub e hiphop senza tralasciare le origini Siciliane di Jaka. “Forza Originaria” è il fuoco che brucia da sempre nel cuore di Jaka per la musica reggae. La parte strumentale è stata affidata ai musicisti della Fire Band (ovvero i Michelangelo Buonarroti) che da diversi anni accompagnano il Jaka durante le sue performance live insieme ai cori della strepitosa Queen Mary (ex Dirotta su Cuba). Oltre a loro c’è la partecipazione di Macro Marco e della Roots in The Sky band in “A Erice” e di B-Dub in “Forza Originaria”. Ad impreziosire ancora di piu’ l’aspetto musicale, c’e’ la produzione di Princevibe e Fede K9 del Boomker Sound che oltre ad avere mixato e registrato artisti del calibro di Fabri Fibra, Manu Chao, Fish, 99 Posse, Le Mani, Dennis Bovell e tanti altri si sono dedicati a creare il suono caldo ed avvolgente di “Forza Originaria”. I brani raccontano della nostra Italia e dei suoi problemi, della Sicilia di Jaka e dell’amore per la vita. Una vita che oggi spinge il Jaka a cantare in giro per lo stivale con l’energia che da sempre lo contraddistingue e che negli anni gli ha portato sia l’affetto di un fedele pubblico sia la stima di personaggi leggendari come Marshall Chess (produttore dei Rolling Stones) e di Chris Blackwell (produttore di Bob Marley). Il messaggio di Jaka viene alimentato dalla classe e dalla potenza stilistica di artisti come: Sud Sound System, Brusco, Mama Marjas, Ciscomanna dei Working Vibes, il giamaicano Hi-Kee che si alternano insieme a Jaka per dare ancora piu’ spessore alle liriche e alle melodie del nuovo album. Brani realizzati insieme ai migliori musicisti reggae toscani e ad altri artisti come il pianista jazz Leonardo Pieri (già con Angelo Branduardi), i chitarristi Mario Ramunni (già con Gemelli Diversi), Lorenzo Piscopo (Anna Oxa), Toni Moretto ( ex Pittura Freska), Freaky Bea e il batterista Matteo Mr Maggio (Quartiere Coffee) che essendo anche pittore, scultore e grafico ha realizzato l’artwork dell’album. Forza originaria è un disco dedicato a tutti quelli che invece di maledire l’oscurità, provano ad accendere una luce.

Venerdì 20 maggio ore 18.30 ascoltiamo Dolcenera dal vivo in occasione dell’uscita del nuovo album “Evoluzione della specie”. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel Sanremo Giovani che nel 2003 ci ha fatto conoscere una cantautrice piena di grinta, di voce e di personalità. Una personalità che negli anni ha permesso a Dolcenera di conquistare radio, classifiche e numerosi riconoscimenti. Evoluzione della specie, scritto e arrangiato da lei, si avvale di importanti collaborazioni e rappresenta l’inizio di un nuovo coraggioso percorso artistico e musicale, caratterizzato da un sound pop-rock acustico, dominato dalla ritmica con elementi di elettronica.

Sabato 21 maggio ore 16.30 Simone Tomassini ci darà un assaggio live del suo nuovo disco omonimo. Dal Festival di Sanremo al Festivalbar, dall’apertura di tutte le date del Buoni o cattivi tour di Vasco Rossi a Music Farm. Dopo tanta esperienza Simone ritorna con un nuovo disco dal semplice titolo Simone Tomassini.

Osservazioni dell’Arch. Simone Larini su RIFIUTI e IMPIANTI nell’area metropolitana FI/PT

28 marzo 2011

Riapro la settimana con il tema “Rifiuti e impianti necessari nell’area metropolitana Firenze/Pistoia” perchè in tal senso esiste un ulteriore contributo dell’architetto Simone Larini, autore di una dozzina di Piani provinciali sui rifiuti, prevalentemente nel Nord Italia, scritto in risposta ad una recente intervista all’Assessore regionale Anna Rita Bramerini (pubblicata sulle pagine di Metropoli a febbraio) che non sono riuscito a trovare… ma immagino che – in quell’intervista – l’Assessore Bramerini abbia difeso la necessità di costruire un nuovo inceneritore e di potenziare i tre piccoli inceneritori esistenti. Mi preme ricordare che Larini è una persona che ha la “forza” derivante da un’esperienza e da una  professionalità notevole, doti dimostrate ampiamente anche dal sistema attuato nell’area della provincia di Treviso che viene visitato da delegazioni di tutta Europa… come esempio da imitare ovviamente.
La Regione Toscana, le tre Province e molti Comuni dell’area metropolitana FI/PT pare non vogliano rispondere nel merito ad alcune evidenti contraddizioni contenute nel Piano preliminare interprovinciale sui rifiuti nell’ATO “TOSCANA CENTRO”, eccole elencate:
1) Se è sincera la volontà di realizzare il 65% di raccolta differenziata (non dico entro il 2012, come scritto in quel Piano preliminare…, ma almeno entro il 2014/2015), tramite la generalizzazione dell’unica modalità che consente di farlo e di realizzarla con la qualità indispensabile perchè abbia davvero uno sbocco di mercato (cioè la modalità “porta a porta”), nel 2014/2015 la quantità di rifiuti indifferenziati (da smaltire tramite appositi impianti) sarà di circa 300.000 tonnellate annue (circa 830 tonnellate al giorno, risultanti dal seguente calcolo: 1.500.000 abitanti di un’area che vuole separare in modo più rigoroso i rifiuti urbani da quelli derivanti dalle attività produttive e che fanno la raccolta differenziata p.a p. non possono produrre più di  600 Kg annui ad abitante, per un totale di 906.000 tonnellate all’anno: togliendo il 65% di R.D. rimangono circa 300.000 tonnellate l’anno, cioè circa 830 tonnellate al giorno).
2) Se è vera la volontà di realizzare il 65% di raccolta differenziata (cioè parole scritte solo perchè c’è un obbligo di legge che impone di scriverle, ma senza nessuna intenzione di realizzarle davvero), allora è necessario fare una scelta conseguente sulle priorità degli investimenti:
– E’ prioritaria la scelta di realizzare un nuovo inceneritore (con un costo effettivo di circa 200 milioni di euro e che sarà pronto non prima del 2016) pur sapendo che – se viene davvero realizzata la raccolta differenziata e di qualità al 65% – potrebbe non trovare nell’area metropolitana i rifiuti “necessari” a funzionare al massimo delle potenzialità stabilite e tali da essere gestito in modo “economicamente valido”) ?
Oppure è prioritaria la scelta di realizzare – nell’area metropolitana – gli investimenti per generalizzare davvero la raccolta differenziata “porta a porta” e gli impianti industriali indispensabili al riciclaggio effettivo (tramite il mercato) dei rifiuti organici e dei rifiuti secchi differenziati e di qualità (impianti che costerebbero molto meno – sicuramente assai meno della metà – dei 200 milioni di euro necessari per il nuovo inceneritore e quindi con un conseguente contenimento delle tariffe sui rifiuti a carico di famiglie e aziende),  che sono realizzabili in tempi assai più rapidi e con una consenso popolare assai più largo ?
La conseguenza della prima scelta sarebbero tariffe più alte e anche un peggioramento della qualità dell’aria nell’area metropolitana (perchè un inceneritore che brucia 500 o 600 T/G, ovviamente, emette più nanoparticelle – inferiori a PM2,5 – di quelle che emette un inceneritore che brucia 150 T/G): aria che, per molte cause presenti nell’area metropolitana (emissioni di molte migliaia di industrie, impianti di riscaldamento di centinaia di migliaia di edifici, autostrade e strade attraversate da molte centinaia di migliaia di automezzi, aereoporto e centri commerciali) è  difficilmente migliorabile in tempi brevi (ma dovrebbe/deve essere una responsabilità di tutti… – a partire da Regione, Province e Comuni – fare scelte che non la peggiorano).
La scelta di superare i 3 ATO e di farne uno unico in tutta l’area metropolitana, non può e non deve avere come conseguenza quella di sommare le scelte impiantistiche fatte nel 2003 (quando nessuno parlava di realizzare una raccolta differenziata di qualità al 65%): per fortuna, la costruzione di un nuovo inceneritore non è ancora stata appaltata e iniziata e quindi (se c’è la volontà politica di attuare una moderna politica sui rifiuti, prendendo a esempio quella realizzata nelle provincia di Treviso, che non è una piccola provincia: mi sembra di aver letto che ha oltre 800.000 abitanti) è ancora possibile fare scelte diverse e finalizzate a realizzare davvero un moderno sistema di raccolta e di smaltimento dei rifiuti (meno costoso e più rispettoso dell’ambiente e della salute dei cittadini).

RIFIUTI E IMPIANTI NECESSARI
NELL’AREA METROPOLITANA FIRENZE/PISTOIA – OSSERVAZIONI SULL’INTERVISTA A METROPOLI DELL’ASSESSORE BRAMERINI
Caro Direttore, dopo aver letto l’intervista all’assessore Bramerini sul numero scorso di Metropoli, le scrivo al fine di offrire un costruttivo contributo, da pianificatore esperto, per spiegare perchè ritengo sia indispensabile fare una revisione della pianificazione sui rifiuti, non per “tornare indietro”, ma al contrario per adeguarsi allo stato dell’arte nella materia, riducendo i costi per imprese e cittadini. E’ risaputo che ogni scelta e previsione contenuta in un piano non è immutabile nel tempo, ma deve essere soggetta a periodica revisione, alla luce delle nuove e mutate condizioni al contorno che si sono nel frattempo verificate.
Ciò è normale, tant’è che il piano della Provincia di Firenze ha già avuto tre revisioni. Il problema è però che i diversi adeguamenti registrati nelle varie versioni del piano non hanno mai interessato le scelte impiantistiche, sebbene nel 2011 non esistano più i numeri che le giustifichino.
L’impostazione strategica del piano va radicalmente cambiata, per almeno tre buoni motivi.
1) Bisogna adeguare il piano ai tanti cambiamenti avvenuti nel quadro generale:
– l’abolizione dei contributi CIP6 all’incenerimento;
– il nuovo obiettivo minimo di legge del 65% per la RD, che per essere raggiunto rende indispensabile un cambiamento dei metodi di raccolta in atto;
– le nuove norme che limitano al massimo l’assimilazione agli urbani dei rifiuti speciali;
– la diffusione in Italia dei sistemi di tariffazione “puntuale”, basati sul principio “chi più produce rifiuti più paga”;
– il successo, in termini di risparmio economico e di risorse, registrato dalle esperienze di gestione dei rifiuti nel Nord Italia, ormai un modello per tutto il mondo.
2) Il piano attuale contiene numerosi errori, che vanno assolutamente corretti.
Tra i tanti, cito solo:
– analisi merceologiche sbagliate, che sottostimano la reale consistenza della frazione rifiuto principale e più strategica: la sostanza organica, che invece del 27% è almeno pari al 45%;
– la previsione di costruire ben tre nuovi impianti con una spesa inferiore a 200 milioni di euro, cioè con meno di quanto sia oggi necessario per realizzare un impianto di tipo moderno, rispondente allo stato dell’arte;
– una previsione impiantistica sovradimensionata: è infatti ignorato l’effetto di riduzione della produzione procapite da parte dei nuovi sistemi di RD.
Lo stesso piano afferma che l’unico modo per raggiungere l’obiettivo del 65% di RD è quello di passare a sistemi di raccolta di tipo domiciliare. Purtroppo non viene considerato che tali sistemi, soprattutto quando accompagnati dalla tariffazione “puntuale”, determinano inevitabilmente una riduzione della produzione procapite di RSU.
Nella quantificazione del deficit di smaltimento in impianti, il piano ha quindi ignorato questo doppio effetto di riduzione del fabbisogno di smaltimento, dovuto all’aumento del tasso del riciclo, alla riduzione dei quantitativi di rifiuto complessivamente prodotti e anche al mancato conferimento assieme agli RSU di quote di rifiuti speciali.
Ipotizzando, con una stima molto prudenziale, che la RD arrivi al 65% e la produzione procapite di RSU scenda sul livello della media nazionale (500 kg/a, ma si può fare molto meglio), nell’Ato Toscana Centro il fabbisogno di smaltimento sarebbe dell’ordine di 200mila t/anno, un quantitativo ben inferiore di quanto ipotizzato dal piano (che ancora nel 2007 stimava oltre 500mila t/a di fabbisogno) e insufficiente a giustificare la costruzione anche solo di un nuovo impianto (gli impianti moderni per risultare convenienti debbono avere una potenzialità di almeno 600mila t/a).
– bacinizzazione sbagliata: il bacino Chianti, che è già sede di un impianto che lo rende autosufficiente in termini di fabbisogno di smaltimento, viene triplicato inglobando senza motivo comuni dell’area fiorentina, e così facendo viene invece trasformato in un bacino con deficit di smaltimento.
3) invece di registrare un continuo aumento delle tariffe, introducendo un sistema moderno di gestione si ridurrebbero sicuramente i costi.
I sistemi modello del nord Italia hanno infatti un costo specifico sensibilmente inferiore a quello che si registrerebbe nell’ATO dando seguito a tutte le scelte di piano.
La necessaria rivoluzione nel sistema di gestione dei rifiuti è inevitabile ed è stata annunciata dal documento preliminare per il nuovo piano dell’ATO Toscana Centro del giugno 2010, in cui sono per la prima volta stabiliti in maniera ufficiale alcuni degli elementi essenziali di un modello di una gestione moderna ed economica dei rifiuti: separazione dei flussi di RSU e RSA, tariffazione puntuale, eliminazione dei contenitori stradali anonimi, restrizione della possibilità di assimilare agli urbani i rifiuti speciali, RD diffusa dei rifiuti organici.
Applicare tali principi porterebbe benefici per tutti: il rifiuto residuo da smaltire nell’ATO sarebbe dell’ordine di 100-200mila t/a e si ridurrebbero le tariffe per cittadini e imprese.
Concludo auspicando l’applicazione anche in Toscana di uno dei fattori di successo delle esperienze del nord Italia: non solo la separazione dei flussi di RSU e RSA, ma l’impiego di un gestore unico il per servizio di gestione di entrambi i tipi di rifiuto.
In questo modo, le utenze commerciali, artigianali e industriali non sono più “abbandonate a se stesse”, ma invece fruiscono di un servizio garantito di smaltimento, con tariffe oneste, di tipo “puntuale” e diversificate per tipo di materiale, al fine di incentivare sia la riduzione che la
differenziazione dei rifiuti.
Simone Larini, Autore di una dozzina di piani di smaltimento di rifiuti, tra cui quelli di Brescia e Treviso.
(Per ulteriori informazioni sulle proposte di Simone Larini, vedi su www.inforifiuti.com )

Mostra fotografica sulla Visita studio a Münster dal 3 al 27 gennaio 2011 il Giorno della Memoria

1 gennaio 2011

Già dagli ultimi giorni di dicembre e nuovamente dal 3 gennaio sarà possibile visitare la Mostra Fotografica sulla Visita Studio a Munster rappresentata nelle foto di Simone Matteucci. Un’iniziativa di memoria attivata nel percorso del Progetto Storia e Memoria, realizzato con il contributo dell’Unione Europea. Una delegazione di studenti, operatori della Fondazione Spazio Reale, professori delle scuole del territorio, i ragazzi che hanno partecipato alle missioni di solidarietà insieme all’assessorato a Munster nel maggio scorso.
Una città visitata perchè presente la “Villa Ten Hompel” determinante, per le incredibili atrocità umane perpetrate durante la seconda guerra mondiale, che non possono e non devono essere scordate. Una realtà di un secolo e la storia delle vittime, dei carnefici ma anche degli spettatori silenti e indifferenti delle atrocità del nazi-fascismo. La villa di proprietà comunale e nel 1953 ha ricevuto da parte dei familiari delle vittime il tributo che la memoria chiede alla storia, cioè: la verità e la condanna.
Storia e Memoria è un progetto nato dalla collaborazione tra il Comune di Campi Bisenzio e Fondazione Spazio Reale in partnership con Villa Ten Hompel (Münster-Germania) e Docs, Youth & Society (Repubblica Ceca), proposto nell’ambito del Programma Europeo Europe for citizens 2007-2013 ed approvato lo scorso ottobre 2009 dall’Eacea.
La finalità generale dell’azione progettuale, sintetizzata nel sottotitolo Quelli che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo, è di tenere viva la memoria storica e collettiva per non dimenticare le vittime e gli orrori dei regimi totalitari europei e riaffermare il principio di libertà, i valori della democrazia nonché dei diritti fondamentali dell’uomo.
La mostra fotografica di Simone Matteucci ripercorre i principali momenti di condivisione e di riflessione dei giovani studenti campigiani delle scuole medie Garibaldi-Matteucci e Verga e del Liceo Scientifico Agnoletti che hanno visitato Villa ten Hompel a Münster.
L’edificio fu il luogo in cui venne deciso e organizzato lo sterminio di ebrei, sinti, rom, socialdemocratici, comunisti, preti e uomini con disabilità fisiche o psichiche. Dal 2001 è diventato sede di una mostra permanente multimediale pche ricorda i crimini perpretari dalla Polizia di ordinanza (ORPO) e dalla sua branca amministrativa negli anni della dittatura nazionalsocialista. Ospita una mostra intitolata “Il compito della riparazione” ed è la prima nel suo genere. Cerca di dare una risposta alle molte domande sulle colpe e sulle responsabilità di chi “comandava seduto a tavolino” che, con il suo asservimento alle autorità del sistema, contribuì all’ecatombe di milioni di essere umani.
La mostra è visitabile presso la Sala del Biliardo a Villa Rucellai negli orari degli uffici comunali e sarà visitabile fino al 27 gennaio 2011.

Inceneritore: basta luoghi comuni (1) “la raccolta differenziata”

9 marzo 2010

Dopo la lettera di Simone Larini, che ho recentemente pubblicato sul blog, propongo da oggi alcune considerazioni, prodotte dallo stesso Larini e disponibili sul suo sito indipendente www.inforifiuti.com. Intendo continuare la serie di consigli pratici per organizzare comodamente la raccolta differenziata a casa propria, ed anche una documentata smentita di alcuni di popolari luoghi comuni sui rifiuti e informazioni di base sul riciclo.
Altre informazioni, dedicate a chi vuole approfondire la tematica rifiuti e non si accontenta delle notizie frammentarie, superficiali o proprio inesatte che purtroppo trovano tutt’ora vasta diffusione nei media italiani. Tutte queste informazioni derivano dalla ventennale esperienza di Larini, come esperto della gestione dei rifiuti, già ricercatore per l’Unione Europea e autore di una dozzina di piani provinciali di smaltimento rifiuti. Notizie che meritano una attenta riflessione e che spero vorrete commentare, per questo motivo le pubblicherò separatamente a distanza di alcuni giorni. La prima di queste, vuole smentire il luogo comune della raccolta differenziata, che tante volte si sente sminuire, perchè è inutile farla e perché poi la mettono tutta assieme, ecco la risposta di Larini:

E’ falso, perchè:

A) La RD innanzitutto serve all’industria italiana.
B) La raccolta differenziata (RD) non è stata inventata da un manipolo di ambientalisti, ma nasce in risposta a precise esigenze:
recuperare materie seconde per l’industria al fine di ottenere un risparmio economico rispetto al consumo di materie prime,
detossificare il rifiuto destinato a impianti di trattamento finale, intercettando frazioni di rifiuti pericolosi.
Mentre il secondo obiettivo viene perseguito per motivi diversi dal ritorno economico(sebbene questo ci sia per alcune categorie di rifiuti RAEE), è chiaro che non ha senso differenziare materiali recuperabili per poi rimettere tutto insieme. In Italia esistono da parecchi anni i Consorzi obbligatori per il riciclo dei materiali recuperabili, che forniscono un quadro economico che garantisce rendimenti certi per chi opera la raccolta, mettendoli al riparo dalle fluttuazioni del mercato tipiche di qualche decennio fa. I Consorzi garantiscono inoltre la concreta collocazione dei materiali recuperati. Il risultato della loro attività è che nel nostro paese la RD è in costante aumento da anni. Eventuali disservizi non devono creare dubbi sul senso complessivo della RD: sarebbe come – dopo un episodio di malasanità – dire che è inutile andare in ospedale “perchè tanto gli ospedali servono solo ad ammazzare la gente”.
L’equivoco dei mezzi di raccolta
La causa comune di molte delle voci sul “tanto mettono tutto insieme” è un equivoco spesso riscontrato, soprattutto ove si pratica la raccolta “porta a porta”. In molte realtà locali in cui venne introdotta la RD, in fase iniziale non erano disponibili molti capitali per l’acquisto dei mezzi di raccolta. Per cui, facilitati anche dai bassi quantitativi raccolti all’inizio, per la RD delle diverse frazioni venivano impiegati gli stessi mezzi, che ad es. Il lunedì facevano il giro di raccolta dei sacchetti della carta, il martedì la raccolta della plastica e così via.
Da qui l’equivoco: i mezzi per la RD venivano scambiati con quelli della raccolta ordinaria dei RSU. Quando ero responsabile dei progetti pilota di RD degli imballaggi poliaccoppiati, promossi da parte di Comieco(il consorzio nazionale riciclo carta e cartone), controllando le operazioni di raccolta, ho sempre riscontrato il grande interesse con cui la popolazione segue l’attività dei mezzi di raccolta, pur alle 6 di mattina e persino nei comuni del Sud Italia. Per cui – al fine di evitare equivoci – proposi che, quando i mezzi venivano impiegati per la raccolta sperimentale dei sacchetti di carta/poliaccoppiati, sulle fiancate venissero applicati dei tabelloni magnetici recanti un’indicazione come “raccolta differenziata dei materiali cellulosici”. La stessa introduzione della raccolta multimateriale col “sacco viola” in Lombardia generò molti equivoci. Anche in quel caso, i sacchi viola venivano prelevati con mezzi che, se non erano gli stessi, erano comunque dello stesso tipo di quelli usati per la raccolta dei rifiuti indifferenziati. Quindi la RD veniva facilmente scambiata con la raccolta ordinaria, con tutti gli equivoci del caso.
I principali motivi per cui fare la RD conviene a tutti
1. Risponde alle esigenze dell’industria italiana
La raccolta differenziata (RD) nasce storicamente dall’esigenza di recuperare materie seconde per l’industria al fine di ottenere un consistente risparmio economico rispetto al consumo di materie prime. Ad esempio, riciclare una lattina da alluminio consente di produrre un’altra lattina impiegando solo il 5% dell’energia che si sarebbe consumata per produrla dalla bauxite: la RD e il riciclo consentono quindi di risparmiare il 95% dell’energia.
2. Fa risparmiare soldi
Non solo la RD fornisce all’industria materiali di recupero a costi inferiori rispetto alle materie prime, ma quando viene fatta bene fa risparmiare soldi anche alle famiglie italiane. E’ infatti dimostrato che quando la RD supera la soglia del 40-50%, con una elevata intercettazione della frazione organica, la RD in genere costa meno rispetto alla gestione degli indifferenziati.
3. Detossifica i rifiuti
Nell’immondizia domestica sono presenti rifiuti pericolosi, basta pensare ai contenitori usati di vernici, insetticidi, soda caustica, o alle lampade al neon, alle apparecchiature elettriche o elettroniche dismesse. La RD dei rifiuti domestici pericolosi nelle piazzole ecologiche attrezzate ha l’effetto di detossificare i rifiuti residui, rendendone meno pericoloso lo smaltimento, qualsiasi sia il sistema di smaltimento.
4. Combatte la desertificazione
Differenziare i rifiuti organici consente di produrre compost, una sostanza ammendante usata come terriccio in agricoltura e florovivaismo. Il compost di qualità reintroduce sostanza organica nei terreni, che anche in Italia sono oggetto di un vero e proprio processo di desertificazione.
5. Crea occupazione
La RD crea occupazione: è storicamente uno dei primi esempi di green economy.
Vedi anche –> Riciclare i rifiuti: le cose da sapere

Riciclare correttamente i rifiuti: le cose da sapere .. per farlo meglio !

21 febbraio 2010

E’ ampiamente dimostrato da come smaltiamo i nostri rifiuti (lo si vede anche personalmente da ciò che troviamo nei cassonetti) che non esiste una accurata cultura delle più basilari informazioni su cosa e come smaltire gli svariati rifiuti domestici che produciamo. Prendo al balzo l’ottimo sito di Simone Larini, (dopo la sua lettera che ho recentemente pubblicato sul blog), proponendo da oggi alcune considerazioni, prodotte dallo stesso Larini e disponibili sul suo sito indipendente www.inforifiuti.com. Una serie di consigli pratici per organizzare comodamente la raccolta differenziata a casa propria, che spero possa servire per trovare “ogni rifiuto sempre più al posto giusto”..

Le modalità operative di RD cambiano a seconda del gestore
I sistemi di RD cambiano a seconda del gestore. In pratica, in ogni comune italiano i rifiuti i materiali oggetto di raccolta sono diversi, vengono differenziati con metodi diversi, i colori dei contenitori stradali sono diversi, ecc. Ad esempio gli imballaggi poliaccoppiati (quelli prodotti da Tetra Pak, per intenderci) in alcune zone sono raccolti assieme ai contenitori per liquidi, in altre assieme alla carta. Consulta il sito web di chi gestisce i rifiuti nel tuo comune per vedere la lista dei materiali accettati e sapere le modalità esatte di raccolta. Nella pagina dei link utili trovi gli indirizzi dei siti delle aziende delle principali città italiane, con un link diretto per accedere alla pagina con le istruzioni operative per fare la RD nelle singole città.
Non gettare la ceramica assieme al vetro

Gli oggetti in ceramica – come tazze, tazzine del caffè, piatti e piattini – danneggiano fortemente il riciclaggio del vetro e sono difficili da selezionare ed eliminare dal flusso di rottami di vetro. La ceramica – così come le lampadine e i tubi al neon – non va gettata assieme al vetro nelle campane per la RD. Mai. Per nessun motivo.
Non gettare gli olii nel lavandino
L’olio vegetale residuo delle fritture o dei prodotti sottolio non va mai gettato nel lavandino. Disturba infatti il regolare funzionamento dei depuratori delle acque reflue. E – ove gli impianti fognari sono privi di sistemi di depurazione – raggiunge laghi e fiumi, formando una sottile pellicola impermeabile che impedisce l’ossigenazione e compromette l’esistenza della flora e della fauna. Un solo chilo di olio usato è sufficiente per coprire con questa pellicola una superficie di 1000 metri quadrati. Invece di gettarlo nel lavandino o nel water, conserva l’olio usato, travasalo in una tanichetta più grande e periodicamente vai a svuotarla a una piazzola ecologica attrezzata. Per trovare la più vicina piazzola ecologica, puoi consultare la nostra pagina dei link utili, in cui sono indicate le modalità operative delle RD nelle principali città italiane. Gli oli usati vengono poi rigenerati e riutilizzati in diversi settori industriali, tra cui la cosmetica.
Se hai un’attività commerciale di ristorazione, ricordo che il D.lgs. n. 4 del 16/01/08 impone di far ritirare gli olii vegetali usati da un’azienda appartenente al CONOE (Consorzio obbligatorio nazionale di raccolta e trattamento degli olii e dei grassi vegetali e animali esausti), direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dal Consorzio. Sul sito del CONOE trovi l’elenco delle aziende aderenti, divise per regione.
Sciacqua i contenitori prima di gettarli nella campana
La selezione dei materiali riciclabili provenienti dalla RD prevede sempre delle fasi di selezione e raffinazione manuale, anche ove vengano impiegate macchine automatiche per la selezione. Per rispetto nei confronti delle condizioni di lavoro dei lavoratori delle piattaforme di selezione e per mantenere condizioni più igieniche delle campane stradali, consiglio vivamente di sciacquare le lattine, le bottiglie di plastica e vetro e i contenitori in Tetra Pak prima di avviarli alla raccolta differenziata. Non occorre lavare a fondo, una sciacquata appena dopo consumato il prodotto nella confezione è più che sufficiente.
Schiaccia bottiglie di plastica e imballaggi di cartone prima di gettarli nel contenitore per la RD
Aumentando la densità del materiale, questo accorgimento consente di diminuire i costi della RD in fase di trasporto. Richiudi le bottiglie col tappo e rimarranno schiacciate.
Porta alla più vicina piazzola ecologica i tuoi rifiuti domestici pericolosi
Nell’immondizia domestica sono presenti anche molti rifiuti pericolosi, ad esempio:
– contenitori usati di vernici, insetticidi, soda caustica,
– lampade al neon
– apparecchiature elettriche o elettroniche dismesse (RAEE)
Non gettare nei contenitori stradali per la RD i rifiuti pericolosi, ma portali alla più vicina piazzola ecologica attrezzata.
Per trovare la più vicina piazzola ecologica, puoi consultare la nostra pagina dei link utili, in cui sono indicate le modalità operative delle RD nelle principali città italiane.



Forum Immigrazione – Mostra fotografica – La Città Visibile al Teatro Dante

31 gennaio 2010

Ieri, sabato 30 gennaio alle ore 17.00 presso il Foyer del Teatro Dante di Campi Bisenzio è stata inaugurata la mostra fotografica dal titolo La Città Visibile.
La mostra organizzata da Arci, Assessorato all’immigrazione del Comune di Campi Bisenzio ed Emergency, raccoglie alcuni degli scatti più significativi che i fotografi Simone Matteucci, Roberto Vicario, Roberto Tavano e Anna Maria Romoli hanno raccolto durante le manifestazioni che si sono svolte sul territorio del Comune di Campi Bisenzio all’interno del percorso anch’esso intitolato La Città Visibile – Meeting dell’inclusione.
Le foto scelte testimoniano come le svariate cittadinanze presenti sul territorio costituiscano una ricchezza e un valore aggiunto per il tessuto culturale, collettivo ed occupazionale e quanto la partecipazione e promozione di eventi interculturali possa rappresentare un efficace strumento di costruzione della coesione sociale.
La mostra si concluderà il 6 febbraio, giorno in cui il Teatro Dante ospiterà il II Forum sull’immigrazione dedicato a Teresa Sarti Strada “Diritti & Rovesci”, una giornata di riflessione su luci ed ombre di un fenomeno che ci coinvolge e stimola al confronto nella ricerca di pratiche ed azioni che conducano all’integrazione nel rispetto delle differenze.

Lettera sulla gestione dei rifiuti in Provincia di Firenze di Simone Larini (il padre dell’inceneritore di Brescia)

3 gennaio 2010

Quella che pubblico oggi è una lettera di Simone Larini, ovvero il padre dell’inceneritore di Brescia, spedita al direttore di Metropoli e disponibile sul sito. Tale documento rappresenta una pietra importante per noi anti-inceneritoristi, poichè essa racchiude, in modo ben documentato, tutti i riferimenti alla situazione fiorentina, che si riallacciano agli studi condotti da Rossano Ercolini e Beppe Banchi, nella ricerca delle alternative all’incenerimento. Soprattutto pone il dito sulla propaganda di eccessivo fabbisogno di incenerimento, pianificato nelle provincie di Firenze, Prato e Pistoia, che ad oggi trova riscontro solo nel mancato raggiungimento dei minimi di raccolta differenziata (previsti dalla legge, ed ora in fase di rivisitazione (!)). Da questa lettera si evince chiaramente che le nostre tesi stanno sviluppando dei saperi oggettivi, di fronte ai quali la mentalità  toscana di chi dovrebbe gestire ragionevolmente questa situazione, sta facendo da tappo ! .. a voi la lettura e soprattutto i commenti..

Caro Direttore,
mi chiamo Simone Larini e sono l’autore di una dozzina di importanti piani di smaltimento rifiuti, tra cui quello per la Provincia di Brescia (che dette il via al famoso “termovalorizzatore”) e quello per la Provincia di Treviso. Quest’ultimo piano ha creato le condizioni che hanno consentito al Consorzio Priula il più alto tasso di RD (78%) e la più bassa produzione procapite di rifiuti d’Italia (320 kg/anno per abitante). Sono quindi “inceneritorista”, ma anche esperto di raccolta differenziata, capace di progettare raccolte in cui la percentuale di scarti sia prossima allo zero (come nel mio progetto per Fiera Milano o in un progetto pilota che ha consentito di introdurre in Italia il riciclo degli imballaggi di Tetra Pak.). Fino a qualche anno fa ero uno dei più stimati esperti italiani di rifiuti; ormai mi sono ritirato dall’attività, sebbene per “dovere civico” continui ad occuparmi della materia. Ad esempio, ho creato il sito www.inforifiuti.com di informazione indipendente sulla gestione dei rifiuti, in cui si può trovare una documentata smentita di dieci luoghi comuni sui rifiuti. Mi vedo costretto ad intervenire – cercando di fornire migliori elementi di valutazione – per rettificare una serie di affermazioni inesatte che negli ultimi mesi ho letto in alcune interviste pubblicate in alcuni giornali locali dell’area fiorentina. Premetto che di seguito userò il termine “inceneritore” in luogo di “termovalorizzatore”. Pur non avendo pregiudiziali contro l’uso energetico dei rifiuti (posso essere definito un “inceneritorista”), sono di formazione professionale di stampo anglosassone e quindi uso la parola equivalente a “incinerator”, piuttosto che un termine ipocrita come “termovalorizzatore”, che non ha equivalenti nel mondo.
1. Il mercato dei materiali di recupero
Nel momento in cui si evocano eventuali difficoltà di collocazione sul mercato del recupero dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata (RD), ci si deve ricordare che la RD non è stata inventata dagli ambientalisti, ma nasce allo scopo di recuperare materie seconde per l’industria, al fine di ottenere un risparmio economico rispetto al consumo di materie prime. Problemi di ordine strutturale riguardano solo i rifiuti plastici, che sono però una frazione minore e scarsamente strategica. Le difficoltà di riciclo di questo materiale non devono eventualmente servire come scusa per affossare la RD di carta, cartone, vetro, lattine e legno, che possono incontrare difficoltà di collocazione sul mercato solo qualora vengano raccolti con sistemi di RD non ottimali, che determinino un’elevata incidenza di scarti. Dovendo raggiungere l’obiettivo di legge per la RD, le frazioni di rifiuto strategiche sono: carta e cartone, sostanza organica, vetro. In genere, fare bene la RD di queste sole tre frazioni significa già recuperare il 65% dei rifiuti urbani (evitando quindi la soprattassa del 20%, dovuta per il mancato raggiungimento degli obiettivi di legge). Dato che il 50% delle cartiere italiane è situato in Lucchesia, per i rifiuti cellulosici non esistono in Toscana problemi di collocazione. Esiste invece un problema di qualità per i rifiuti organici raccolti nell’area fiorentina. La cospicua presenza di materiali indesiderati costringe gli impianti di compostaggio dell’area fiorentina a intense e ripetute procedure di raffinazione che rendono il prodotto finito una sostanza polverosa ben poco simile al classico compost. Ma il vero motivo per cui tale compost risulta poco appetibile per eventuali utilizzatori non sta nel “mercato”, bensì sta a monte: dipende dal fatto che vengono usati sistemi di RD non ottimali, basati sull’impiego di cassonetti stradali che consentono il conferimento anonimo e incontrollato di grandi quantità di scarti non compostabili. A differenza di quanto succede in Lombardia, dove il largo impiego di sistemi di RD più idonei e intelligenti ha ridotto la percentuale di scarti indesiderati nella RD dell’organico praticamente a zero. Zero scarti, su base regionale, sottolineo. Inoltre, a causa delle note vicende, l’impianto San Casciano è così lontano dallo stato dell’arte che non riesce a decomporre correttamente neanche i sacchetti in plastica biodegradabile. E’ chiaro che un materiale così non è vendibile: io stesso non userei nel mio mini-orticello biologico un compost del genere. Ma ciò dipende dagli errori di gestione in fase di raccolta e trattamento, non da una scarsa ricettività del “mercato” rispetto al compost da RSU.
2. Il Piano Rifiuti
Non viene recepita l’innovazione
E’ incomprensibile come la validità del piano rifiuti della Provincia di Firenze venga tuttora sostenuta, ostinatamente e in maniera completamente acritica. Essendo uno dei più esperti pianificatori italiani, quando ho letto il piano rifiuti dell’ATO 6 non ho potuto fare a meno di rilevare una lunga serie di errori, che vanno dal metodo di analisi merceologiche, alle impostazioni strategiche, alla bacinizzazione, alle soluzioni impiantistiche, alle previsioni di costo. Inoltre, i costi generali del sistema di gestione delineato dal piano porterebbero almeno al raddoppio della tariffa per i cittadini. Nella mia carriera non ho mai visto un piano con tanti errori tutti insieme. Per dare un’idea, ne ho riassunto l’elenco completo in una relazione, che ho scritto per “dovere civico” e regalato agli amministratori locali chiantigiani: si tratta di un documento di 23 pagine! In sé stessa, la presenza di errori non sarebbe un problema: per loro natura i piani sono soggetti a revisioni periodiche, al fine di recepire i mutamenti di scenario tecnico, legislativo, ecc. Negli ultimi anni si sono ad esempio verificati alcuni importanti cambiamenti:
-L’abolizione dei contributi CIP6 all’incenerimento
-L’introduzione di un obiettivo minimo di legge del 65% per la RD
-Le nuove norme che limitano al massimo l’assimilazione agli urbani dei rifiuti speciali
-La diffusione in Italia dei sistemi di tariffazione puntuale (in cui chi più produce rifiuti, più paga)
-Il successo, in termini di risparmio economico e di risorse, registrato dalle esperienze di gestione dei rifiuti nel Nord Italia, ormai un modello per tutto il mondo.
L’errata impostazione strategica
Ma colpisce il fatto che, sebbene gli elementi elencati abbiano modificato profondamente il quadro delle condizioni al contorno, siano stati praticamente ignorati nelle ultime revisioni di piano, che hanno mantenuto inalterata un’impostazione strategica risalente ai primi anni ’90, ormai superata sul piano strategico ed operativo. Ad esempio, non viene applicato in maniera sistematica quello che nelle esperienze modello del Nord Italia è uno dei più forti fattori di riduzione di costo: la RD “spinta” dei rifiuti organici. E’ infatti dimostrato dall’esperienza quotidiana in Lombardia e Veneto che quando la RD dei rifiuti organici riesce a intercettarne l’80-90% del totale, ciò consente di ottimizzare l’intero sistema di raccolta, riducendo dei costi complessivi. Ad esempio, quando si riesce a separare dal resto dei rifiuti una simile quota di rifiuti organici, il residuo indifferenziato risulta molto meno putrescibile e quindi si può ridurre la frequenza di prelievo dei rifiuti indifferenziati, anche a una sola volta la settimana. Un altro fattore di riduzione dei costi è il fatto che per la RD dei rifiuti organici vengono impiegati mezzi meno costosi, più piccoli e non compattanti (il peso specifico dell’organico è infatti quasi pari a 1). Inoltre, il piano prevede di mantenere l’attuale sistema di raccolta, basato sull’impiego di cassonetti stradali, in cui vengono conferiti assieme, in forma anonima, rifiuti sia di origine domestica che non domestica. In questo modo, si perde l’occasione di operare una forte riduzione dei costi e si fanno mancare reali incentivi a una concreta riduzione dei rifiuti. Una delle conseguenze della vasta diffusione dei cassonetti e della vasta adozione di una politica di massima assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani è il fatto che nella piana fiorentina la produzione procapite di rifiuti superiore del 50% rispetto alla media nazionale (736 kg/anno invece di 500). In Provincia di Treviso, invece questo valore scende a 368 kg/anno. Significa forse che i fiorentini hanno lo spreco nel loro DNA? Ovviamente no, dato che le province di Firenze e Treviso sono per molti aspetti molto simili. Un valore procapite così alto non va considerato come un dato di fatto “normale” ed inevitabile, ma è semplicemente un indice di cattiva gestione dei rifiuti. Una delle ragioni di questa grande differenza di valori procapite è il fatto che nella Marca Trevigiana rifiuti domestici e non domestici hanno due circuiti di raccolta separati. Nella mia esperienza di pianificatore ho più volte verificato che i rifiuti assimilabili agli urbani (RSA) costituiscono il 40-60% dei rifiuti totali e sono per loro natura più facilmente ed economicamente recuperabili di quelli prodotti dalle famiglie. Uno dei fattori di successo della gestione dei rifiuti nei comuni trevigiani è quindi l’offerta di un servizio di smaltimento per il commercio, le industrie e gli artigiani a costi competitivi e con meccanismi che incentivino il conferimento differenziato: ad es. minori costi al kg per lo smaltimento dei materiali riciclabili. Un’altra condizione indispensabile è l’abolizione dei cassonetti. In buona parte del nord Italia i rifiuti non possono essere più conferiti in forma liberamente ed anonima in contenitori stradali, ma solo nei bidoni personalizzati, affidati ad ogni famiglia o unità produttiva, le quali pagano la tariffa proporzionalmente alla propria reale produzione di rifiuti. Il motivo per cui a Treviso per ogni abitante si produce la metà dei rifiuti rispetto a Firenze e dintorni appare quindi chiaro: nel nord Italia esiste un reale e concreto incentivo a ridurre i propri rifiuti, valido per commercio, aziende e cittadini. In Provincia di Firenze, invece, la riduzione rifiuti è affidata solo ad accordi di programma, a “tavoli” con associazioni di categoria, insomma solo a documenti con cui sono state siglate le varie intese per la riduzione dei rifiuti, tutte accomunate dall’inefficacia e da un cospicuo numero di dati messi a casaccio. Infatti, ancora non ho trovato da nessuna parte una dimostrazione numerica di come queste intese si traducano negli obiettivi di riduzione previsti dal piano provinciale (pari comunque a pochi punti percentuali). Inoltre, vedendo l’abissale differenza dei dati tra l’area fiorentina e il nord Italia, invito a non dimenticare che produrre metà dei rifiuti significa anche sostenere la metà dei costi per lo smaltimento…
La bacinizzazione sbagliata
Un’altro grave errore del piano di Firenze è la bacinizzazione del territorio. Inizialmente, lo stesso piano indica, correttamente, il sistema territoriale “Chianti e Val di Pesa”, composto dai cinque comuni chiantigiani. Ma nel resto del documento l’esistenza di questo bacino viene poi dimenticata e ci si riferisce invece solo al cosiddetto “Bacino Fiesole e Chianti”: cioè l’attuale bacino di gestione Safi, tutt’altro che ottimale, in quanto accorpa al Chianti anche comuni dell’area fiorentina, incluso un comune a nord della città come Fiesole. Nell’ottica di un pianificatore, si tratta di un bacino semplicemente assurdo. Ma in questo modo, si fa risultare un bacino molto più grande di quanto sia in realtà e che, come vedremo dopo, ha un deficit di smaltimento di sole 2mila t/anno: un’inezia rispetto alle 900mila t prodotte annualmente nell’area dell’ATO Centro.
3. L’impianto di smaltimento a Greve in Chianti
Una delle decisioni più insensate del piano è quella di smaltire i rifiuti di Firenze a ridosso di una delle zone più belle del Chianti: la collina di Vicchiomaggio. Non sono riuscito a trovare una sola motivazione valida a supporto di questa scelta, mentre esistono almeno una dozzina di ragioni per cui la si può definire una pessima idea. Per brevità, ne cito solo un paio.
Quando la RD raggiungerà l’obiettivo di piano (e di legge) del 65%, il bacino Chianti avrà un deficit annuo di smaltimento dell’ordine di sole 2mila t di rifiuti indifferenziati (si deve infatti tenere conto che in Chianti, a San Casciano V.P., è già in funzione un impianto di compostaggio che ha capacità di trattare 10mila t/anno). Questo significa che il 98% dei rifiuti smaltiti dal previsto inceneritore proverrebbe da fuori del Chianti. Ciò vuol dire che un bacino con un futuro fabbisogno di smaltimento dell’ordine di 12mila t/anno dovrebbe ospitare impianti capaci di smaltirne quasi 100mila l’anno. In pratica, una potenzialità superiore di 10 volte rispetto alle esigenze del territorio. Come principio generale, un bacino come il Chianti avrebbe vocazione e valore tali da consentirgli tranquillamente di essere un esportatore netto di rifiuti, come già fanno altri bacini dell’ATO, meno “pregiati e prestigiosi”, se mi si consente l’espressione. A maggior ragione, il ragionamento è valido a fronte di un deficit di smaltimento così ridotto. In linea generale, per soddisfare un fabbisogno di smaltimento di 2mila t/anno non si costruisce un impianto: nessun tipo di impianto. La zona è poi palesemente non adatta per la costruzione di un inceneritore e nei miei piani non sarebbe stata neanche presa in considerazione. Tra le tante ragioni di non idoneità dell’area, ne cito solo alcune. Una vera zona industriale non è circondata da borghi abitati situati su colline più alte di un eventuale camino, che quindi verrebbero investiti direttamente dalle emissioni, con minima dispersione degli inquinanti. Lo stesso piano rifiuti, inoltre, cita come fattori penalizzanti per la localizzazione di impianti le “bellezze panoramiche e le sponde dei fiumi per una fascia di 150 metri”. E a meno di 150 metri dal sito previsto per l’impianto si trova la collina di Vicchiomaggio, che non può essere definita altrimenti che come “bellezza panoramica”, essendo una delle zone del Chianti fiorentino in assoluto più fotografate dai turisti.
Mi si consenta infine di rimarcare l’ottusità del ragionamento di chi dice che la valle della Greve ha una “vocazione produttiva per attività pesanti”. Queste attività furono create ormai un secolo fa, quando Greve era un comune molto povero. E mi risulta che a Greve grande povertà ci fosse ancora trenta anni fa, quando la produzione di cotto e di cemento era la principale risorsa economica del comune. Mi domando: il grande benessere degli ultimi anni è dovuto al Comune Slow, al turismo e alle produzioni agricole di qualità, o al contributo di settori industriali che hanno rispettivamente i piazzali pieni di prodotti in cotto invenduti, o lo stabilimento di Testi ormai più inattivo che in funzione, a causa della mancanza di ordini? Sottolineo ciò solo allo scopo di inquadrare un corretto ordine di priorità nel definire la “vocazione produttiva” del territorio, che è un aspetto che anche un autore di piani rifiuti non può non tenere presente al momento di fare scelte localizzative.
4. Il fabbisogno impiantistico
Prevedere una gestione dei rifiuti basata su un largo impiego di inceneritori comporta necessariamente l’esigenza di attuare un sistema di RD che intercetti la massima quantità possibile di rifiuti organici e di rifiuti tossici e nocivi. Uno degli scopi della RD è infatti quello di detossificare il rifiuto destinato a impianti di trattamento finale, intercettando le principali frazioni di rifiuti pericolosi. Chi gestisce un inceneritore non ha affatto interesse a trattare rifiuti che contengano materiali tossici, o incombustibili, o scarsamente combustibili. Per questo chi gestisce un inceneritore deve garantire il massimo impegno nella differenziazione a monte delle frazioni incompatibili con l’incenerimento, a partire dai rifiuti organici. Seguire fino in fondo la esistente logica del piano, incentrata sul ricorso all’incenerimento, significherebbe quindi che in Provincia di Firenze dovrebbe essere attuato un sistema di RD che si ponga sullo stesso livello delle migliori esperienze italiane. Ma facendo alcuni facili conti, si scopre che applicare una logica pianificatoria coerente porta a risultati ben diversi rispetto a quelli adesso propagandati. Cioè: se si fa bene la RD si scopre che non alla fine non servono tanti impianti. L’ATO Centro, composto dall’accorpamento delle province di Firenze, Prato e Pistoia, ha una produzione annuale di rifiuti pari a 911mila tonnellate. Per intercettare adeguatamente i rifiuti organici sarebbe necessario applicare un modello di gestione di stampo trevigiano, basato sulla separazione dei circuiti di raccolta per rifiuti domestici e non domestici. La mia esperienza mi fa stimare che gli RSA siano pari al 60% del totale. Dato che come si è detto gli RSA sono più facilmente recuperabili rispetto agli RSU, supponiamo anche che le quote di recupero con la RD siano per gli RSU pari al 65% (obiettivo minimo di legge) e per gli RSA pari al 78%, cioè al valore complessivo di RD attualmente registrato nel bacino Priula dei comuni attorno a Treviso. Supponiamo anche che l’introduzione di tale sistema di RD faccia scendere anche la produzione procapite nel bacino su livello trevigiani. Secondo tale scenario la quantità di rifiuti da smaltire scenderebbe a 450.000 t/a, di cui 300.000 verrebbero recuperati e poco più di 100.000 rimarrebbero da smaltire. Qualora si ritenesse estrema questa ipotesi, supponiamo che l’effetto di riduzione di rifiuti si fermi al valore medio nazionale (500 kg/anno per abitante): il totale dei rifiuti da smaltire dell’ATO Centro scenderebbe a 740.000 t/a, di cui quasi 540.000 verrebbero recuperati e solo 200.000 rimarrebbero da smaltire. Dovendo smaltire un quantitativo del genere in un bacino in cui è già attivo un inceneritore (a Montale), che già sarebbe in grado di trattarne quasi la metà non solo sarebbe inutile costruire tre nuovi inceneritori, ma saremmo ben al di sotto della soglia di convenienza economica per costruire anche un solo inceneritore. Alcune recenti vicende (Acerra) hanno infatti dimostrato che – senza il contributo CIP6 – non è economicamente sostenibile la gestione neanche di un impianto da 500.000 t/anno. Costruire un inceneritore per smaltirne solo 100mila è quindi semplicemente insensato.
5. L’urgenza
Un altro argomento spesso portato a sostegno di certe scelte pianificatorie è l’urgenza di garantire ai rifiuti indifferenziati toscani un destino diverso dalla discarica. Pienamente d’accordo. Ma se l’obiettivo è uscire velocemente dall’emergenza rifiuti, allora non si può che puntare innanzitutto sulla RD, anzichè sul ricorso a impianti che richiederanno molti anni prima di essere messi in funzione. Infatti, anche in Toscana ci sono ormai molti comuni, come ad esempio Calenzano, che grazie all’introduzione di forme di RD di tipo porta a porta hanno più che raddoppiato il tasso di recupero, superando il 60% nel giro di un solo anno.
6. I veri obiettivi della RD
Fare (bene) molta RD significa uscire dall’emergenza velocemente e nel contempo avere meno costi e minori impatti sulla salute da impianti inquinanti. Ho portato come esempio alcune virtuose esperienze di comuni toscani, che dimostrano come anche nella nostra regione si possano raggiungere velocemente risultati che fino a poco tempo fa erano tipici solo del nord Italia. Ma faccio presente che si può addirittura fare molto meglio di così. Esorto le amministrazioni a non avviare iniziative isolate, a livello di singolo comune, per almeno du buoni motivi. Innanzitutto il fatto che ha poco senso fare progetti pilota, in quanto su questa materia c’è poco da sperimentare. Basta infatti fare poche centinaia di chilometri per trovare dozzine di comuni lombardi e veneti con caratteristiche molto simili. Che siano abitati con centri storici, in collina, con case isolate o vasta diffusione di PMI, basta fare qualche ora di viaggio e si trova un bacino di comuni simili che ha brillantamente risolto i propri problemi di rifiuti. Il secondo, ma non meno importante aspetto è l’esigenza di inserire ogni innovativa iniziativa locale nel quadro in un sistema coordinato e ben progettato. Introdurre la RD porta a porta in un singolo comune o frazione non è di per sè garanzia di successo o di risparmio di costi. La RD deve sempre e comunque essere il risultato di un sistema pianificato e organizzato, in cui ad esempio si riescano a raggiungere economie di scala nell’acquisto dei nuovi mezzi per la raccolta, nella logistica, nella gestione degli impianti di compostaggio, ecc. Soprattutto si si pensa alla tariffazione “puntuale”, in cui si paga proporzionalmente alla propria produzione di rifiuti, è evidente che è più facile che abbia successo qualora venga introdotta in un’area sovracomunale, anzichè in una piccola frazione, in cui gli abitanti possano portare i rifiuti nel quartiere vicino.
Concludo ricordando come la RD di tipo “porta a porta” non deve essere un obiettivo in sé, ma è semplicemente uno mezzo, allo scopo di raggiungere i seguenti obiettivi, alcuni dei quali sono a loro volta strumenti per raggiungere altri obiettivi:
una RD spinta dei rifiuti organici, perchè solo intercettando il 90% di questa frazione è possibile operare una riforma generale del servizio;
la separazione dei circuiti di raccolta di RSU e RSA, allo scopo di ottenere un migliore recupero e formulare un’offferta tariffaria specifica e adatta per ogni categoria;
abolire i cassonetti stradali e introdurre la tariffazione puntuale per le utenze domestiche, al fine di contenere la produzione dei rifiuti da parte delle famiglie;
creare un sistema di RD dei rifiuti non domestici, con tariffazione puntuale e tariffe diversificate per materiale, al fine di incentivare la riduzione e la differenziazione dei rifiuti di commercio, industria e artigianato;
ridurre i costi, grazie alla riduzione globale della produzione di rifiuti, al prelievo settimanale dei rifiuti indifferenziati, ai mezzi meno costosi per la RD dei rifiuti organici, ecc.
L’adozione di queste strategie e di questi strumenti è il segreto del successo della gestione dei rifiuti nel nord Italia, che ha consentito risparmi economici e di risorse, diminuito il ricorso agli impianti di smaltimento finale e che ormai è un esempio e un modello non solo per la Toscana, ma per tutta l’Europa. Come dimostra il fatto che ogni settimana davanti alla porta di Enzo Favoino (uno dei massimi esperti di compostaggio e gestione rifiuti) c’è la fila di amministratori e consulenti stranieri, venuti in visita in Italia per imparare da noi come gestire in maniera intelligente i rifiuti, coniugando risparmio ambientale ed economico.
Molti di questi stranieri in visita sono spagnoli, perchè dopo aver ignorato per anni le buone esperienze della RD in Germania, ritenendo – anche giustamente – che le differenze tra i due paesi fossero insormontabili, quando hanno visto che gli italiani cominciavano a fare anche meglio dei tedeschi, si sono resi conto: “ma se riescono a fare certe cose persino gli italiani, pure loro così diversi dai tedeschi, allora anche noi possiamo farcela…”.
Gli spagnoli non so, ma secondo me i toscani ce la possono fare di sicuro…
Simone Larini
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