Piatti tipici Campigiani

Riporto qui di seguito alcuni piatti fiorentini che traggono le loro origini dal nostro territorio campigiano, sto effettuando ricerce più approfondite su questo tema; sarebbe bello poter creare una sorta di ricettario informatico, quindi se avete ulteriori informazioni in merito o se volete segnalare le vostre ricette anche per i dolci , rispondete al post … ma mi raccomando…ricette “campigiane”.

Pecora alla Campigiana, la carne di pecora, nelle sue diverse elaborazioni gastronomiche, è il piatto tipico di Campi Bisenzio (FI). L’origine di tale specialità si deve sia alla grande diffusione dell’allevamento ovino in zona nel passato che all’economicità della carne stessa, un tempo la più economica e quindi “carne povera” per definizione.I modi più diffusi per cucinarla sono in umido o “alla campigiana” (e col sugo si usa condire la pasta, preferibilmente penne o pappardelle) ed alla brace o “scottadito“.
RICETTA PER FARE LA PECORA ALLA CAMPIGIANA
Più che una ricetta la chiamerei un piccolo spazio di cultura popolare, perché fare “La Pecora” vuol dire fare una pietanza che porta con se un retaggio di storia e di cultura contadina della nostra zona, le donne che un tempo, e quelle che ancora oggi, ma sono poche, sanno fare questo piatto, lo fanno con una attenzione particolare, con una meticolosità incomprensibile per chi da estraneo non conosce ciò che suscita questo piatto sia per chi lo fa che per chi lo mangia.In questa ricetta non ci sono dosi specifiche, il tutto è lasciato alla mano e alla sensibilità della “massaia” che prepara il piatto e mai vi dirà quanto di questo o quanto di quello, non perché non vuol rivelare un segreto ma perché fondamentalmente non lo sa.Ingredienti : 1 Coscio di Pecora, attenzione che sia di bestia femmina, (in questo è bene avere un macellaio di fiducia che possa garantire ciò che chiedete, perché se per caso vi dà un coscio di maschio il sapore ed il gusto è totalmente diverso).CIPOLLA, CAROTE, PREZZEMOLO, SEDANO, BASILICO, SALE, SPEZIE, UN BICCHIERE DI VINO ROSSO, CONCENTRATO DI POMODORO, PEPERONCINO O PEPE. Modalità di preparazione e cottura:Un Coscio di Pecora può bastare almeno per 6 persone (dipende da quanto mangiano)Prendere il Coscio e disossarlo e “svelarlo” attentamente, cioè togliere tutte le parti grasse e le venuzze, e farlo a pezzi di media grandezza.Preparare un battuto di cipolla e carote, il tutto ben tritato, ma attenzione assolutamente non frullato ma ben tritato con la classica mezzaluna, non usare altri attrezzi, è importante dedicare tempo alla preparazione. Mettere il battuto in un tegame, aggiungere olio e far imbiondire la cipolla, a questo punto aggiungere i pezzi di carne che sono stati preparati a pezzi e sopra a questi spargere prezzemolo, sedano e basilico che sono stati precedentemente tritati con la solita mezzaluna, sale, quanto ritenete giusto e spezie a piacere. Fare rosolare il tutto molto lentamente. All’inizio si formerà dell’acqua nel tegame, continuare a fuoco lento fino a quando l’acqua non sarà completamente ritirata, a questo punto versare un bicchiere da pasto di vino rosso, far evaporare il vino e aggiungere del concentrato di pomodoro diluito in acqua ben calda in quantità tale da coprire tutto il contenuto del tegame. Far bollire il tutto per un minimo di due ore ma non più di tre. Girare il tutto ogni tanto. Secondo i gusti a questo punto si può aggiungere pepe o peperoncino. Tutto questo per fare di quello che abbiamo cotto un secondo piatto, se si vuole usare questo anche per condire una buona pastasciutta aggiungere insieme agli odori anche un bel po’ di macinato di carne, sempre di pecora, e procedere come detto. Una volta giunto il tutto a cottura, condire con il sugo che si sarà formato insieme ai pezzi di carne, la pasta, è consigliato usare penne rigate, perché come dice la Massaia : le penne sono la su morte.

Un altro piatto è il riso sulla pecora, che si ottiene cuocendo il riso nel brodo di carne ovina.

Il roventino è una frittella di sangue di maiale fatta senza uova ma solo con un po’ di farina, con l’aggiunta di spezie, da mangiarsi caldo.Un piatto della cucina toscana, tipico della zona di Firenze.
A piacere viene condito con formaggio grattugiato (in genere parmigiano reggiano ma anche pecorino toscano) o anche con zucchero.
La sua massima diffusione era nella zona di Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio ma oggi, a causa delle sempre più drastiche leggi e disposizioni in materia sanitaria ed alimentare, solo pochissimi esercenti riescono a cucinare questa specialità in ambito commerciale.
Ricetta del Roventino di sangue di maiale per 4 persone:
lt 0,5 di sangue fresco di maiale
1 cucchiaio di farina
strutto di maiale
sale e pepe
formaggio parmigiano grattugiato
Mettere il sangue in una zuppiera, salatelo, pepatelo e aggiungeteci la farina sciolta in poca acqua fredda. Ponete sul fuoco un padellino di ferro nel quale avrete posto una puntina di strutto (oppure olio). Quando sarà ben caldo ‘rovente’ versateci qualche cucchiaiata di sangue, in modo da ottenere una frittatina molto sottile. Cuocete il roventino da entrambe le parti, l’arte è quella di farlo volare in aria rovesciandolo, e servitelo caldo con o senza formaggio.

Il cielo stellato è un secondo piatto di chiara origine “povera” e contadina tipico di Campi Bisenzio. Si ottiene tritando finemente con una mezzaluna del lesso (possibilmente magro), tre o quattro spicchi di aglio e qualche fogliolina di prezzemolo.Si soffrigge lentamente il composto ottenuto in una padella ampia, si sala e si pepa, si aggiunge un uovo a porzione e si cuoce come una normale frittata.

La finocchiona è un insaccato tipico toscano fatto con carne di maiale macinata e aromatizzata con semi di finocchio (da qui appunto il nome) e bagnata con vino rosso. Per la sua preparazione si prediligono le parti della pancia e della spalla del suino e una stagionatura lunga. Presente e diffusa particolarmente nella zona di Firenze (la sua “invenzione” è rivendicata sia da Campi Bisenzio che da Greve in Chianti) viene confezionata in forme più grandi di quelle di un salame classico. Esiste anche una variante chiamata sbriciolona proprio perché essendo più fresca e preparata con un impasto più grossolano, al taglio si sbriciola e vengono fuori fette più irregolari.

I ranocchi fritti o “all’uovo” sono tipici della piana occidentale fiorentina, ricca di laghetti e corsi d’acqua, soprattutto di Brozzi, Lecore, San Donnino, San Piero a Ponti, San Mauro a Signa e Sant’Angelo a Lecore. Dopo un periodo di oblio, iniziato nel secondo dopoguerra e dovuto al crescente benessere che ha fatto passare un po’ in secondo piano le ricette povere (oltre alla riduzione dei luoghi di “pesca” delle rane per il boom edilizio ed industriale della zona), sono stati riscoperti dalla ristorazione locale e sono tornati protagonisti di numerose sagre e feste. Si ottengono lasciando riposare per un oretta i ranocchi spellati in un composto di uova sbattute, sale e limone, per poi infarinarli e friggerli in olio bollente.

Sugo sulle verdure
E’ un sugo povero, fatto solo di verdure, un sugo, come lo chiamano a Firenze, “scappato”.
La ricetta è semplice, il risultato ottimo. Per quattro persone occorrono: una grossa carota o due piccole, una cipolla rossa piuttosto grossotta, una bella costola di sedano, un ciuffo di prezzemolo. Si trita tutto con la mezzaluna, come s’usa da noi in Toscana. In un tegame di coccio mettete tre quarti di bicchiere d’olio extra vergine d’oliva di quello delle colline tosc ane, e lentamente fate soffriggere il tutto. Vi ci vorrà quasi mezzora. Negli ultimi cinque minuti aggiungete mezzo bicchiere di vino rosso, sui 12 gradi, e scaldate in un tegame il passato di pomodoro, oppure il pomodoro a pezzettoni. Quando bolle, aggiungetelo al soffritto. Salate, pepate e mentre finisce di cuocere il sugo fate bollire al dente 400 grammi di rigatoni.
Scolateli e versateli nel tegame di coccio, rigirandoli e facendoli finire di cuocere in modo che prendano bene il sugo. Se i rigatoni sono un po’ asciutti, aggiungete un cucchiaio, o due, dell’acqua di cottura della pasta. Prima di servire, una bella spolverata di parmigiano reggiano e buon appetito!

5 Risposte to “Piatti tipici Campigiani”

  1. sandra Says:

    Il riso sulla pecora! Ma chi lo sa ancora fare?
    Ci vuole la falda per fare il brodo e anche il cavolo.

    L’odore che si spande per la casa è particolare, ti ci vogliono dei giorni perché si stemperi. Del resto significativo è il detto popolare campigiano “da’i brodo si vede se ll’è pecora”

    Sandra

  2. Ludovico Says:

    C’ha ragione la Sandra: ci ‘ole la farda e la spalla pe fare i brodo bono! Poi, con du sott’aceti tu mangi la ciccia e co i brodo tu ci fai il riso e cavolo. Me madre ogni tanto lo fa ancora! L’è i piatto più poero ma l’è bono come fosse il più ricco.

  3. spartaco campigiano Says:

    ma la peora sulla brace unla mangia nessuno ?duo tre belle bistecchine su i fooco un paio di fette di pane di faggi giancarlo quande cera e i vino bono Bonapetito saluti ai campigiani e ancaglialtri

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  5. volo in pendio firenze e limitrofi - BaroneRosso.it - Forum Modellismo Says:

    […] assaggiare la pecora alla campigiana e altri piatti della piana…so che sei un cultore degli ovini, e vedrai che anche dalle nostre […]

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