I Campigiani di Malaparte

Non si può parlare di Campi Bisenzio e tacere di Malaparte, ecco le parole precise tratte dal libro CURZIO MALAPARTE, Maledetti toscani, Vallecchi, Firenze, 1956 (1970), pp. 118-119

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“Tutti sanno dov’è, ma nessuno ci passa. Eppure non è distante più di due miglia da Peretola e da Brozzi:

Peretola Brozzi e Campi
è la meglio genìa che Cristo stampi

Ma si dice la meglio, o la peggio genìa? Io dico la meglio, e son sicuro di non sbagliarmi: tanto vivo è l’affetto che mi lega ai campigiani, e tanto grande è la stima alla quale essi han diritto.
Strano paese, Campi, famoso un tempo per le sue trecciaiole, i suoi barrocciai, i suoi maniscalchi, i suoi falegnami, i suoi cosciotti di pecora, e specie per i suoi ladri di polli e per quel vanto di fierezza e di furberia che si accompagna da secoli al nome dei campigiani. E’ raro trovare insieme unite in un popola la fierezza e la furberia, poiché l’una esclude l’altra. La furberia è di per sé una qualità vile, la fierezza ha per fondamento la dignità, il rispetto di se (sic) stesso. Ma chi più dei campigiani, ha rispetto di se stesso? Chi, più di loro, sa difendere la propria dignità con furberia? Chi, meglio di loro, insomma, sa essere fiero e dignitoso senza passare da grullo?”

Non è una descrizione stupenda? E sentite come conclude:

“Eccoli là, ritti sul ponte, i miei cari campigiani. Guardateli in faccia: i toscani veri, per riconoscerli, basta guardarli in faccia. Hanno tutti la pelle arrossata, le ciglia e i capelli bruciacchiati, come se tornassero ora ora da un gran viaggio in inferno.”
Ivi, p,123

Vedi anche : Stemma Comunale GonfaloneLa Storia di Campi Bisenzio